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Molecular mechanisms that could contribute to prolonged effectiveness of
PDE5 inhibitors to improve erectile function
Int J Impot Res 2008;20:333–342; DOI:10.1038/ijir.2008.4;
Department of Molecular Physiology and Biophysics, Vanderbilt University School of Medicine, Nashvil e, TN, Correspondence to: Professor SH Francis, Department of Molecular Physiology and Biophysics, Vanderbilt University School of Medicine, 21st and Garland, Nashville, TN 37232-0615, USA. E-mail: Cyclic guanosine monophosphate (cGMP) in penile vascular smooth muscle cel s (VSMC) plays a key role in promoting penile erection. Phosphodiesterase-5 (PDE5) in VSMC breaks down cGMP to counter this effect. Sildenafil (Viagra), vardenafil (Levitra) and tadalafil (Cialis), treatments for erectile dysfunction, inhibit PDE5 action. Many men with erectile dysfunction have improved erectile function after plasma inhibitor concentration fal s below therapeutic levels. Maximum effect plus onset and duration of action of inhibitor determines its efficacy. The rate and extent of cel ular drug accumulation and efflux of drug from smooth muscle cel s plus persistence of drug effects in these cel impact these parameters. We propose possible molecular mechanisms that could account for prolonged action of PDE5 inhibitors including (1) persistence of biochemical effects after inhibitor is cleared from cel s, and (2) retention of drug in VSMC beyond plasma Il meccanismo molecolare che potrebbe contribuire all’efficacia prolungata degli inibitori della
PDE5 nel miglioramento della funzione erettile
La guanosina monofosfata ciclica (cGMP)nel e cel ule muscolari lisce vascolari del pene (VSMC) gioca un ruolo chiave nel promuovere l’erezione peniena. La fosfodiesterasi 5 (PDE5) nel e VSMC abbatte la cGMP per neutralizzare questo effetto. Il Sildenafil (Viagra), il Vardenafil (Levitra) e il Tadalafil (Cialis), trattementi per la disfunzione erettile, inibiscono l’azione del a PDE5. Molti uomini con disfunzione erettile hanno migliorato la funzione erettile dopo la caduta sotto i livel i terapeutici del a concentrazione del ’inibitore nel plasma. L’efficacia del ’inibitore è determinata dal ’effetto massimo oltre l’effetto iniziale e la durata di azione. Il tasso e l’estensione del a accumulazione cel ulare del farmaco e il suo efflusso dal e cel ule muscolari lisce oltre la persistenza degli effetti del farmaco in queste cel ule agiscono fortemente su questi parametri. Proponiamo dei possibili meccanismi molecolari che potrebbero giustificare l’azione prolungata degli inibitori del a PDE5 che comprendono (1) la persistenza degli effetti biochimici dopo la rimozione del ’inibitore dal e cel ule e (2) la ritenzione del farmaco nel e VSMC oltre la scomparsa plasmatica.
Il commento – Dopo molti anni dal ’introduzione sul mercato e nel a terapia del a disfunzione erettile dei
vasodilatatori agenti con l’inibizione del a PDE5, con la larga diffusione del suo impiego a torto o a ragione con schemi dai più rigidi ai più fantasiosi, con l’impiego anche nel a popolazione più giovane a scopo puramente ricreazionale, dopo che le medesime molecole sono spinte anche in impieghi per i deficit o le alterazioni del a perfusione vascolare o del e disfunzioni non vascolari più diversi (dal ’ischemia cardiaca al a ipertensione polmonare, dal ’ictus cerebrale al a malattia di Raynaud, dal e disfunzioni motorie urinarie al e disfunzioni cognitive, ecc.) emergono fatti che dimostrano quanto poco le molecole in gioco siano state studiate nel loro meccanismo di azione, la cui comprensione completa consente di determinare i corretti ambiti di azione e di poter controllare gli effetti in relazione al tempo e al a quantità di somministrazione e la permanenza degli effetti al a sospensione del a somministrazione del farmaco, ovvero quanto e per quanto tempo possa incidere l’azione del farmaco anche una volta che sia scomparso dal ’organismo. La revisione del a letteratura sul a problematica svolta dagli autori non riesce a dare la soluzione del a questione; rimane solo certo il primario meccanismo di azione, ovvero il legame con il sito di catalitico del a PDE5 con altissima affinità (basti pensare, come riportato nel o studio, che gli inibitori agiscono con concentrazioni di 0.2-4 nM, mentre la cGMP richiede concentrazioni di 2.5 µM, cioè si legano al ’enzima PDE5 da 1000 a 10000 volte di più del a molecola naturale). Cosa poi accada realmente nel e cel ule muscolari lisce sia agli inibitori che al ’enzima e al a attivazione o disattivazione del a cascata regolativa di azione… si brancola nel buio. In più nessuno sa cosa accada al a cGMP in accumulo per mancato impiego, con quali modalità venga inattivato. Il lavoro pone in evidenza due possibili modalità che tuttavia non riescono a spiegare comunque tutto il processo, ma ad oggi nessuno sa quale del e sia la più probabile, in ogni caso ne tralascia poi altre tra cui la non meno importante relativa al a retroregolazione del a persistenza del a cGMP sul a produzione del NO (ossido nitrico) che è la molecola necessaria ad innescare la produzione del a cGMP. Possiamo concludere queste osservazioni sostenendo (ma lo fanno anche gli autori del o studio) che ancora molto c’è da fare per comprendere i meccanismi erettili e la loro regolazione e che sia sempre molto azzardato affermare la possibilità del ’uso indiscriminato degli inibitori del a PDE5. Molecole così potenti devono essere impiegate solo quando strettamente necessario e con il massimo monitoraggio, pena la perdita di controllo dei loro effetti nel tempo e nel ’organismo: meno che mai devono essere impiegate in modo ricreazionale come ancora fortunatamente non molti ma comunque troppi uomini di ogni età, anche molto giovani, tendono a

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