La grande truffa del colesterolo Non conosce le più recenti tecnologie. Non sa nulla delle cure più moderne. Gli esami su cui si basa sbagliano in otto casi su dieci. Eppure il nemico che combatte è il killer principale degli uomini, la cardiopatia. Di chi stiamo parlando? Del tuo medico. David Rubinson ha subito un infarto a 39 anni. Ma di questo incolpa solo se stesso. Nella sua veste di produttore e manager discografico di nomi famosi coome Santana e Pointer Sisters, pensava di essere Superman. Alla fine però le nottate passate allo studio, i cibi ricchi di grassi e lo stress lo hanno fregato. Uno stile di vita inadeguato e una predisposizione familiare alla cardiopatia sono diventati la sua criptonite. Ritiene però di non avere nessuna colpa di quanto è successo in seguito. Nei dieci anni successivi ha trasformato la sua vita. E' diventato vegetariano, ha smesso di fumare, ha iniziato a fare esercizio fisico, è dimagrito e si è dato allo yoga. Il colesterolo totale è passato da 380 a 210, lui ha stipulato una nuova assicurazione sulla vita del valore di 2 milioni di dollari, si è sottoposto alla prova da sforzo e i dottori si sono limitati a dargli una pacca sulla spalla. Poi una sera a cena, a quasi 10 anni dall'infarto e solo dopo 12 ore dopo una corsa di 15 km sul ponte del Golden Gate, ha sentito qualcosa di spaventoso che conosceva già. «Non era un vero e proprio dolore», ricorda. «Era più un senso di svuotamento, come se qualcuno avesse tolto il tappo dal lavandino scaricando tutta l'acqua. Più tardi, dopo aver mandato tutti a letto, sono andato nel mio studio a casa e ho preso una compressa di nitroglicerina. E quando mi sono sentito meglio, ho capito di essere nei guai. Ho svegliato mia moglie e le ho detto che dovevamo andare all'ospedale». Quando i dottori gli fecero un'angiografia per valutare la situazione, Rubinson non riusciva a credere ai suoi occhi. «Gli innesti del bypass originale erano completamente rinsecchiti», racconta. «Sembravano delle stringhe nere. Stavo correndo su un ponte sospeso sul nulla. E? difficile descrivere cosa provai. Rabbia, senso di tradimento, terrore. Mio figlio chiese ai dottori: "Come è potuto succedere? Dio mio, pensate a tutto quello che ha fatto!». E così fu sottoposto a un altro intervento chirurgico, questa volta con cinque bypass. Quando lasciò l'ospedale, Rubinson era depresso e disperato. Fu allora che sentì parlare del dottor Robert Superko, un cardiologo americano che, in una clinica situata nella zona della baia di San Francisco, negli Stati Uniti, stava perfezionando un nuovo tipo di analisi del sangue che identificava addirittura 12 diverse sottoclassi di particelle che trasportano il colesterolo, più altre che possono avere un ruolo nella comparsa delle cardiopatie. Secondo il dottor Superko il colesterolo totale e perfino i livelli di Hdl (lipoproteine ad alta densità) e Ldl (lipoproteine a bassa densità) sono valori troppo generici per essere segnali affidabili di problemi cardiovascolari. Egli sostiene, anzi, che spesso possono essere fuorvianti, creando un falso senso di preoccupazione o sicurezza. Rubinson non aveva mai sentito parlare di questa teoria, sebbene avesse consultato alcuni dei migliori cardiologi americani. Non avendo niente da perdere, consegnò un campione di sangue e, con sua grande sorpresa, trovò un'apparente spiegazione alla sua cardiopatia. «Il dottor Superko mi ha mostrato tutti questi nuovi valori», spiega, «cose come le lipoproteine a bassa densità e l'omocisteina. Poi mi ha detto: «Può seguire tutte le diete di questo mondo e fare tutti gli esercizi che vuole, però qui abbiamo alcuni fattori genetici che devono essere gestiti in altro modo». Sotto la guida del dottor Superko, Rubinson ha mantenuto le sue sane abitudini e ha iniziato a prendere farmaci che contrastano i più letali tra questi nuovi tipi di colesterolo. Oggi, a quasi 10 anni dal secondo intervento chirurgico, tutti questi nuovi valori sono entro limiti accettabili e Rubinson può ben dire, questa volta con sicurezza, che la malattia è sotto controllo. «Quando parlo di Superko, mi vengono le lacrime agli occhi», dice Rubinson, «perché mi ha salvato la vita. Senza di lui, non sarei qui a quest'ora». Senza saperlo, anche tu potresti trovarti in una situazione simile a quella di Rubinson. Magari credi di pensare abbastanza al tuo cuore: esercizio fisico, cibi giusti, esami del colesterolo. Può anche darsi che i tuoi valori siano buoni. Come può darsi che il tuo medico ti dica che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Ma gli devi credere? 4Il Framingham Heart Study, uno studio fondamentale che dal 1948 ha esaminato migliaia di persone, ha evidenziato che l'80% di quelli che sviluppano una cardiopatia coronarica ha gli stessi valori di colesterolo di base di quelli che non ne sono affetti. 4Almeno il 50% dei casi di aterosclerosi (restringimento delle arterie) non può essere spiegato con i fattori di rischio standard (fumo, dieta, stile di vita, colesterolo alto). Esistono altri agenti che i normali esami di laboratorio non riescono a identificare. 4Per il 2 5 % degli uomini con predisposizione familiare a problemi cardiovascolari il primo segnale di cardiopatia è la morte improvvisa. Sei agitato? Fai bene a esserlo. Nonostante tutti i progressi fatti negli ultimi dieci anni in materia di trattamento delle cardiopatie (farmaci nuovi, nuove tecniche chirurgiche, prevenzioni), questa malattia rimane il killer numero uno nel mondo occidentale. 60 milioni di americani (uno su cinque), per esempio, sono affetti da qualche forma di cardiopatia, un problema che uccide ogni anno 725.000 tra uomini e donne, il che equivale a una vittima ogni 44 secondi. E sebbene la scienza sia riuscita ad arrestarne la crescita, non ci sono ancora segnali di una riduzione drastica. Questo tipo di statistiche contraddice l'impressione che la maggior parte delle persone si fa quando mette piede in uno studio medico dove i valori del colesterolo, le prove da sforzo e i fattori legati allo stile di vita diventano segnali di rischio inviolabili e banchi di prova per i trattamenti. Sul suo sito l'American Heart Association (Aha) incoraggia le persone a considerare il colesterolo alto come «un fattore di rischio determinante per la cardiopatia. un segno d'importanza vitale, simile alla pressione del sangue». Queste le sue raccomandazioni: 4COLESTEROLO TOTALE ? inferiore a 200 milligrammi per decilitro (mg/dl) 4HDL (colesterolo "buono") - superiore a 35 milligrammi per decilitro 4LDL (colesterolo "cattivo") - inferiore a 130 milligrammi per decilitro 4TRIGLICERIDI - inferiori a 220 milligrammi per decilitro Questi quattro componenti del colesterolo, il cosiddetto gruppo di base, sono gli unici citati dalla Aha. Quando i risultati dell'esame del sangue rientrano in queste linee guida, probabilmente il tuo medico ti dice che non hai niente di che preoccuparti. Invece, quando gli stessi valori superano i limiti fissati, ti raccomanda di cambiare stile di vita e ti prescrive qualche farmaco per ridurre i livelli di colesterolo. Ma, come abbiamo visto, la cardiopatia non è così ben definita. Anzi, alcune interessanti ricerche confutano l'affidabilità di quelle linee guida: 4COLESTEROLO TOTALE. In uno studio condotto su 360.000 uomini, alcuni ricercatori hanno scoperto che il 24% delle persone decedute per attacco cardiaco aveva livelli di colesterolo totale inferiori a 200. «In effetti, considerare solo il colesterolo totale per valutare un possibile rischio di infarto, in molti casi, può essere insufficiente», dice il professor Daniele Bracchetti, primario del servizio di cardiologia dell'Ospedale Maggiore di Bologna. 4HDL. Da alcuni dati dello studio Framingham risulta che il livello medio di Hdl degli uomini affetti da coronaropatia era di 43, vale a dire il 23% in più rispetto al valore che, secondo le linee guida di prima, sarebbe «protettivo». 4LDL. Secondo i dati dello studio Framingham, il livello medio di Ldl delle persone colpite da infarto cardiaco era di 150. Secondo le linee guida si tratta solamente di «un rischio borderline». 4 TRIGLICERIDI.Dai dati dello studio Framingham e di altri studi emerge che la soglia fissata dalla Aha è troppo indulgente. Sembra invece che le nuove indicazioni concordate per la sicurezza la fissino al di sotto di 160 milligrammi per decilitro. Secondo i ricercatori americani che stanno studiando questi ulteriori test del colesterolo, per queste e per altre ragioni, il gruppo degli esami di base del colesterolo è in grado di prevedere una coronaropatia solo nel 20% dei casi. «Hdl, Ldl, trigliceridi sono proprio il minimo», dice la dottoressa Christie Ballantyne, direttore del centro per la prevenzione cardiovascolare presso il Methodist Hospital della Baylor School of Medicine. «E prima di pensare di essere al sicuro, ricordati che l'ideale è avere livelli di Ldl inferiori a 100, Hdl superiori a 45 e trigliceridi inferiori a 150. Purtroppo la maggior parte delle persone non rientra in queste categorie. Tutti quelli compresi nella zona grigia hanno bisogno di maggiori informazioni». Ed è, qui, che, secondo i suoi sostenitori, entrerebbero in gioco i nuovi esami del sangue. Lipoproteine a bassa densità, fibrinogeno, proteina C reattiva, omocisteina, lipoproteina(a), Hdl2b. Questi sono soltanto alcuni dei valori che compaiono nei referti del Berkeley HeartLab, il modernissimo centro diagnostico cardiovascolare diretto dal dottor Superko a San Mateo in California (Usa). Si tratta di fattori generalmente sconosciuti ai pazienti, ma - è questo il lato più preoccupante della storia - anche a molti medici: eppure, secondo i ricercatori americani, proprio l'analisi di questi valori potrebbe rappresentare l'aspetto chiave della prevenzione delle cardiopatie. Il dottor Superko ha pubblicato oltre 100 articoli scientifici sull'argomento ed è membro dell'American Cofiege of Cardiology. Quando qualcuno gli chiede perché sia necessario un esame del sangue così dettagliato, soprattutto quando spesso lo si deve pagare un sacco di soldi, lui indica due sostanze la cui prevalenza può aumentare notevolmente il rischio di coronaropatia. La prima è costituita dalle lipoproteine piccole e dense, il peggiore dei sette tipi di Ldl che ora è possibile misurare. Sono pericolose perché, tra tutte le particelle, sono quelle che più facilmente possono insinuarsi nelle pareti e nelle placche arteriose, creando lesioni nelle arterie, contribuendo alla crescita di quelle già esistenti e rendendo le placche meno stabili e più suscettibili di rottura. Dai risultati combinati di tre importanti studi emerge che le lipoproteine piccole e dense triplicano il rischio cardiovascolare.
La seconda sostanza si chiama lipoproteina(a), o Lp(a), ed è una forma minore deh'Ldl, capace di predire una coronaropatia con tanta precisione che è stata definita "il colesterolo dell'infarto". I ricercatori dell'università di Oxford, in Inghilterra, hanno scoperto che, su 5.400 persone affette da cardiopatia, quelle con i livelli di Lp(a) più elevati avevano il 70% in più di possibilità di subire un infarto. Altre componenti del sangue che vengono misurate raramente possono avere conseguenze tremende. Sebbene i meccanismi con i quali operano non siano ancora del tutto chiari, diventa sempre più evidente che hanno un ruolo determinante nelle cardiopatie. Quanto sia importante conoscere i tuoi valori, dipende dalla tua storia familiare e dal tipo di vita che conduci. Ma la cosa preoccupante è che pochi medici offrono questa possibilità ai propri pazienti. «Il motivo è che non esistono ancora evidenze cliniche (come, invece, per il colesterolo di base) tali da giustificare un inserimento di questi esami nella routine. Ma le premesse sono buone e, in futuro, non è escluso che questi test possano rientrare nella prassi», osserva Bracchetti. Intanto, i laboratori che li eseguono di norma come "pacchetto anticolesterolo" stanno lentamente crescendo. Il Berkeley HeartLab, infatti, non è l'unico del suo genere. Per esempio, il LipoMed di Raleigh nella Carolina del Nord e l'Atherotech di Birmingham in Alabama offrono analisi simili, ma con metodologie diverse. Uno studio indipendente, che utilizzava il programma di Berkeley, ha ridotto del 43% il rischio di futuri eventi cardiaci nell'arco di 4 anni. E l'Atherotech sostiene di essere in grado di aumentare dal 40 al 90% la capacità del medico di prevedere una malattia cardiovascolare. Queste sono promesse incoraggianti, che la Aha sta ancora valutando; alcuni medici, però, ne sono già convinti. Il dottor Yannios è uno di questi. Dopo aver assistito ad alcune lezioni sull'argomento durante una serie di conferenze presso l'American College of Cardiology, ha avviato una ricerca. Durante i suoi giri nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale in cui lavora, ha iniziato a chiedere ai pazienti i rispettivi profili del colesterolo. «Ero sconvolto perché avevo scoperto che molti erano passati da uno specialista all'altro e altri, che apparentemente avevano rischio zero, erano stati ricoverati per problemi di cuore», dice. «C'era qualcosa di grosso di cui nessuno si accorgeva». In seguito il dottor Yannios ha scritto un libro intitolato The Heart Disease BreakthTough in cui riunisce gran parte degli studi condotti a sostegno di questi esami specializzati. Nel suo libro, Yannios sottolinea che non si tratta né di fantascienza, né di una teoria recente. Laricerca fondamentale risale agli anni '50, quando gli scienziati dell'università della California di Berkeley scoprirono diverse particelle che trasportano il colesterolo. Inoltre lo studio Framingham ha parlato per decenni dei collegamenti esistenti tra molti di questi componenti e le cardiopatie (fibrinogeno nel 1987, omocisteina nel 1990 e lipoproteina(a) nel 1994). Perché non aumenta il numero delle persone, e soprattutto dei medici, che prescrivono questi esami? All'origine ci sarebbero diversi motivi: 1. LA SCIENZA E' MOLTO COMPLESSA «Per tradizione la biochimica è una delle prime materie che si apprendono medicina», spiega il professar Carlo Cannella, che dirige la Scuola di specializzazione in scienza dell'alimentazione all'Università di Roma. «Tutta la parte sul colesterolo e sulle lipoproteine si svolge alla fine. Non sono argomenti molto affascinanti e la pigrizia nello studiarli sui libri di testo si trascina da sempre. Un sacco di medici non vuole o non ha tempo di studiare a fondo la biochimica perché sembra davvero complicata». 2. I CARDIOLOGI SONO PER LO PIU' IDRAULICI Quando si crea un'ostruzione, loro la eliminano, però tradizionalmente non danno mai grandi consigli su come tenere le "tubature" pulite. «I medici tendono a curare ciò che riescono a diagnosticare, non a prevenire un rischio solo potenziale», dice ancora Cannella. «E quando bisogna abbinare terapia e prevenzione, la cosa diventa più complessa: così, l'abitudine a ricorrere al farmaco che risolve il problema si radica ancora di più». 3. NON SEMPRE LA MUTUA RIMBORSA LE SPESE Sebbene il prezzo di questi esami sia molto più contenuto di quello di un bypass, il Servizio Sanitario in genere non 'premia' la prevenzione. «Ma, soprattutto, inserisce negli esami di routine, gratuiti o soggetti a ticket, solo quelli che hanno un'evidenza clinica accertata e non quelli che sono ancora in fase di sperimentazione o frutto di ricerche in corso», sottolinea Bracchetti. In sostanza, la maggioranza di questi esami particolari li puoi fare, anche in Italia, ma solo in laboratori specializzati e a pagamento. 4. IL FARMACO PRESCRITTO E' UNA VITAMINA Secondo i ricercatori americani, l'antidoto a molte di queste nuove particelle cattive non è un farmaco defl'ultima generazione, bensì l'acido nicotinico, un precursore della vitamina PP, che da un lato riduce i trigliceridi e il colesterolo Ldl (incluse la Lp(a) e le lipoproteine piccole e dense) e dall'altro aumenta l'Hdl buono. In effetti l'acido nicotinico può risultare più efficace rispetto ai famosi farmaci "anti- colesterolo", che tendono ad agire a livello più generale sul colesterolo totale e sull'Ldl. Ma l'uso di acido nicotinico con questi dosaggi può risultare tossico. «Inoltre», aggiunge Bracchetti, «per certi aspetti questa sostanza risulta superata rispetto all'efficacia documentata delle statine, i farmaci che agiscono sul colesterolo». Secondo il dottor Yannios, invece, il punto è che «nessuna grossa azienda si è mai data la pena di promuovere l'acido nicotinico» che viene prescritto quando questi nuovi valori superano la soglia limite. In altre parole, a differenza dei farmaci anti-colesterolo commerciali, che ogni anno fruttano alle società farmaceutiche fatturati nell'ordine dei 16 miliardi di euro, non c'è mai stato un buon motivo, in termini commerciali, per informare i medici su queste 'nuove' componenti del sangue che possono essere tenute sotto controllo semplice.,nente con una vitamina. Nel frattempo, però, i medici continuano a prescrivere esami per il colestetolo di base e scrivono ricette per farmaci anti-colesterolo "tradizionali". E, d'altra parte, il dottor Superko sottolinea che, se da un lato chi assume farmaci che abbassano i livelli di colesterolo sperimenta una riduzione del 2 5 % dei problemi cardiovascolari, «dall'altro esiste ancora un sacco di gente che subisce l'infarto nonostante questi farmaci».
Per Superko, Bob Bakke ne è il classico esempio. Nonostante nella sua famiglia ci fosse una forte predisposizione alla cardiopatia, pensava di avere tutto sotto controllo, proprio come Rubinson: correva 5-8 km al giorno, seguiva una dieta povera di grassi e manteneva tutti i valori standard del colesterolo entro i limiti raccomandati. Anzi, per sicurezza prendeva uno dei più noti farmaci anti- colesterolo presenti sul mercato americano (il Mevacor) e ultimamente si era sottoposto alla prova da sforzo. Già, la sua vita da amministratore del settore ricerche universitarie a Chico in California, 44enne, magro e sano, era decisamente buona. Poi un giorno, mentre si allenava sul treadmill in palestra chiacchierando con la figlia quattordicenne, Bakke improvvisamente perse i sensi. Il treadmill lo aveva sbattuto così violentemente contro il muro che i soccorritori della palestra pensarono che si fosse lesionato il collo. Più tardi, in ospedale, si scopri che tre delle arterie coronariche erano ostruite al 90%. Quattro giorni dopo fu sottoposto a un intervento di bypass quintuplo. «E' stato tremendo», racconta. «Improvvisamente non sapevo se sarei morto o meno». Solo grazie alle intuizioni del dottor Superko, Bakke (che oggi ha raggiunto i 52 anni) ha messo sotto controllo la sua cardiopatia. Prende 4-5 grammi di acido nicotinico al giorno e mantiene sane abitudini di vita. Da un esame ecocardiografico delle sue arterie un tempo ostruite è risultato un miglioramento della circolazione del 36%. Secondo Superko non avrà certamente più sorprese. «Questi esami danno informazioni certe», spiega. «E con queste informazioni, di cui finalmente oggi possiamo disporre, credo che il problema cardiopatia' si possa combattere molto meglio di quanto accadeva in passato». Joe Kita e Claudia Bortolato MEN'S HEALTH 142 - novembre 2002 www.menshealth.it
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